Solo un luogo conosco, a Verona, che sa fare la grande magia di unire un contesto ampio quale è un concerto, all’intimità complice che si trova in un cortile in festa: questo luogo incomparabile è Il Teatro Romano.


Ed è in questo luogo, denso di un passato teatrale che si perde nella storia , sulle pietre del quale probabilmente aleggiavano le sue Muse, che Roberto Vecchioni ha condiviso con noi il dono dell’amore cantato.


In ciascuno dei miei beniamini della canzone, cerco e trovo sempre il poeta, ma ciascuno di loro ha il proprio approccio con un tema principale che lo distingue a pari merito dagli altri. Vecchioni è, per me, il poeta contemporaneo dell’amore, di quell’amore senza il quale la vita è un contenitore vuoto, a perdere; di quell’amore che si manifesta attraverso le banalità del quotidiano che, grazie alla sua sensibilità, diventano assolutamente preziose e degne di attenzione; di quell’amore che racchiude il valore di un’intera vita in un unico speciale bacio.

Eppure, tra le parole di Vecchioni non mancano le provocazioni, le trasgressioni e l’ironia, così come non manca la presenza di canzoni dedicate a grandi personaggi più o meno contemporanei...ma alla fine, di nuovo, trasversale come la brezza, tutto si ricompone sulle corde dei legami d’amore che le persone creano .


Il teatro era al completo, persone non più giovanissime in attesa che il chiarore della sera scemasse per permettere alle luci di scena di dare il dovuto risalto al palcoscenico.


Ed è arrivato, il Professore, tra uno scroscio di applausi sul palco del Teatro Romano, al quale ha riconosciuto le stesse qualità che gli attribuisco anch’io, con l’entusiasmo di un ragazzo, facendo subito cantare l’intero pubblico grazie a “Voglio una donna”, commentando a posteriori che è una sorta di provocazione per ricordare a noi donne di non perdere mai la nostra dolcezza e la nostra sensibilità , qualità troppo rare nel genere maschile.


Si sono poi dipanate chiacchiere e aneddoti, spiegazioni per alcune canzoni scritte sotto prospettive particolari e la dichiarazione esplicita di volerci regalare quelle canzoni che definirei più sussurrate, quelle che pochi conoscono.


Tra le tante, “Vorrei essere tua madre” così come “Viola d’inverno”, mi hanno fatto vibrare il cuore come ogni volta che le ascolto, commozione che ho colto altrettanto intensa negli occhi di chi mi stava vicino, partecipazione che si scioglieva in lunghi applausi.

Non sono mancate canzoni del passato più lontano come “Stranamore”, “Il suonatore stanco” e “Figlia” ma ovviamente hanno fatto il loro ingresso anche alcune canzoni del nuovo album “Chiamami ancora amore”, con la loro piacevole spiegazione introduttiva che Vecchioni offre generosamente al suo pubblico attento e partecipe


Quotidiano, scherzoso e famigliare , anche il tono dei giochi intrattenuti fra una canzone e l’altra tra il Professore i suoi ottimi musicisti : Roberto Gualdi, Massimo Germini Stefano Cisotto, Eros Cristiani e infine Antonio Petruzzelli che hanno potuto creare vibrazioni perfettamente accolte e amplificate dal bel teatro.


Quasi tre minuti di applausi ininterrotti hanno mosso l’invito al bis tanto atteso: accolta da gridolini entusiasti è salita con le sue note intramontabili “Luci a San Siro”, seguita dall’altrettanto storica “Samarcanda” che ha fatto scatenare l’intera platea in canti e danze, concludendo il concerto, ma non la serata: Vecchioni è riapparso a ricordare a tutti noi che Amnesty International è all’opera da 50 anni per la difesa dei diritti umani e che tutti noi dovremmo sostenere questi diritti , poichè come egli stesso dice: La storia, la fa il cuore degli uomini, di ogni singolo uomo.