La Corte dei Strassoni
E’ entusiasmante tornare a casa con le mani quasi scorticate dagli applausi che nascevano generosi e spontanei.
E’ ancora più entusiasmante quando applausi così calorosi sgorgano in onore di uno spettacolo messo in scena per sostenere una “manciata” - in realtà 130! - di bambini brasiliani!
Lo confesso: non so da dove cominciare: dall’esuberanza dello spettacolo e dei giovani e fantastici attori? Dalla creatività del noto regista Alessandro Anderloni? Dall’impegno e dalla sensibilità di Cinzia Favalli e dell’associazione “Grão de Mostarda Onlus” che presiede? Dalla generosità del CIS e del Signor Tosoni?
Beh, come potete capire, sono emozioni e voglie di raccontare che si sovrappongono e intrecciano...
Arrivata a Villafranca, quasi timidamente, ho varcato la soglia di questo enorme capannone della “Saira” , passando tra scaffali, bancali, macchinari e altri oggetti ingombranti che non mi sono soffermata a guardare: cercavo il palco.
Nel centro di questa struttura, un’area ricavata, presumo a suon di spostamenti... file di sedie, un mixer e un palco sorprendentemente carico e colorato: fondale in finta muratura, lampione, bidoni, cartoni, sacchetti pieni di cose, qualche strumento musicale -notevole uno strumento per percussioni fatto di.. “bussoloti!”- e gomme d’auto...
Quasi puntuale la prima voce che ci avrebbe accompagnati verso la magia: Stefano Schena ci presenta la “Fondazione CIS”, una fondazione che dichiara apertamente che “Lo sviluppo economico non può prescindere dalla crescita e valorizzazione socio-culturale del territorio” e che per questo, sebbene lo spettacolo finanzi un’attività che si trova decisamente al di fuori dei confini di Villafranca, non si fa sfuggire l’occasione di accogliere un nome come quello di Alessandro Anderloni e, in qualche modo, si pone a rimediare alle carenze del Comune offrendo la fabbrica del Sig. Tosoni quale teatro per la rappresentazione.
Segue l’elegante e dolcissima Cinzia Favalli, raccontando brevemente la storia - la sua storia!- dell’associazione “Grão de mostarda” (granello di senape) con un’azione davvero degna di una fata... ci collega direttamente con i bimbi di Quixadà attraverso skype in modo che anche loro possano partecipare a ciò che per loro si agisce qui, a Villafranca: sarà questa azione a rendere ancora più effervescente le serata? Sarà questo a rendere il pubblico così partecipe e solidale? Sarà per questo che i giovani attori si prodigano in maniera ancora più totale del solito per questo spettacolo?
Si unisca a lei per una breve presentazione Alessandro Anderloni, noto regista di Velo Veronese , che ha creato testi e musiche per questo “La corte dei Strassoni”.
Buio.
Fumo leggero, due personaggi malvestiti in scena: non servono parole, i loro corpi parlano già e questo basta a carpire l’attenzione e l’immediato sorriso del pubblico!
Arrivano le battute, semplici, per lo più, ma efficaci nel contenuto e nei tempi scenici perfetti. L’ilarità colpisce il pubblico riempiendo di risate il buio alle mie spalle e i miei occhi di lacrime divertite.
Mi ha colpito sentire un pubblico che inizia ad applaudire dal fondo: noi, davanti avevamo quasi paura di disturbare con un applauso, di perderci una sfumatura, un’intonazione... ma, come quello di uno scroscio d’acqua di temporale, arrivava sempre più vicino, fino ad investirci il rumore dell’applauso a cui ci univamo.
Si susseguono a ritmo incalzante scene ora allegre, ora romantiche, ora malinconiche, si creano feste con balli e canzoni che portano avanti il racconto, ciascun personaggio è caratterizzato con precisione e inconfondibile fra gli altri, i movimenti sono precisi e puliti, le danze vivaci ed elastiche, il tutto sostenuto dai tre musicisti in fondo palco (Thomas Sinigaglia , Tommaso Castiglioni e Fabio Basile ).
In mezzo ai Strassoni, una volta arricchito Bertolin, il giovane ora ereditiere, si presenta con tre impeccabili e supercariche impiegate, brave e spassosissime, per prendere possesso dell’area, ora di sua proprietà, in cui i Strassoni vivono e conclude il primo tempo con “uno schiaffo” al pubblico, nonostante i suoi vecchi amici cerchino di ricordargli il loro comune passato e l’amicizia che li univa. Neppure l’amore di Laureta lo riporta in sé. Lui duramente dichiara “Non vi conosco”.
Buio.
I Strassoni sono ora in un caritatevole convento. Sono invecchiati. E come sono invecchiati bene! C’è tutto un nuovo modo di muoversi, di parlare e di danzare. Ci sono le magagne della vecchiaia che sbucano...e l’infelicità di una libertà perduta, la mancanza della luna e delle stelle... L’unica cosa che non si è persa mai è la gioia di volersi bene, di stare insieme, di accettarsi e conoscersi per quel che si è e la generosità.
Scorre, attraverso l’intero spettacolo una venatura comica , che va al di là delle battute: sono movenze, sguardi d’intesa, situazioni paradossali, modi di fare.. e c’è tenerezza: come una soffice nuvola che avvolge tutto!
Non mancano comunque le provocazioni, come quella precedente di Bertolin, l’ereditiere, o come il riferimento più che diretto ai probabili interessi che potrebbero ruotare intorno al famigerato traforo delle Torricelle, o come nella canzone conclusiva, di accusa nei confronti di chi non vuol vedere ciò che lo turba: durissima. Sinceramente le parole mi sono sfuggite, sopraffatte dalla fisicità e dalla musica: fumo a nebbia, schieramento immobile e rigido, occhi dritti negli occhi e indici puntati. Faceva male.
Mi sento , senza nulla togliere alla bravura di tutta la compagnia, senza eccezioni, di menzionare "MAGOG" (Riccardo Frizzera) e il suo amicone e spalla "GROG" (Elia Marconi) per la perfetta intesa e per la particolare abilità scenica...
Per sentire l' INTERVISTA A CINZIA FAVALLI CLICCA QUI
"La corte dei Strassoni": per "conoscere" le associazioni che hanno collaborato a questo evento clicca sui rispettivi nomi usati come titolo.
Un musical di Alessandro Anderloni prodotto da Àissa Màissa Spettacolo organizzato da Fondazione CIS a sostegno dell’Associazione Grao de Mostarda ONLUS : tre organizzazioni del sociale, due no profit e una dello spettacolo, insieme per uno scopo comune: dare speranza a un centinaio di bambini brasiliani che vivono in situazione di degrado e povertà.
Un musical in dialetto veronese, interpretato da 14 giovani attori-ballerini-cantanti per una produzione tutta veronese. La band dal vivo è formata da Thomas Sinigaglia (fisarmonica), Tommaso Castiglioni (percussioni) e Fabio Basile (chitarra). Alessandro Anderloni è l’autore del testo, della musica e della regia.
La vicenda, come recita l’incipit dello spettacolo, si svolge «in una città qualunque, un giorno qualunque, di un anno qualunque». Siamo in una discarica nella periferia di una città. Un posto chiamato, appunto, La Corte dei Strassoni.
È qui, tra i cartoni e i copertoni, che vivono un gruppo di amici barboni. Grog e Magog passano il loro tempo a grattarsi il piede, a guardare la luna e a sognare di sposare, un giorno, le amate Gramegna e Ciuffara; Sempia, Sauga e Simiota si raccontano, cantando, le storie e i pettegolezzi della città; Toldo, Poldo e Soldo si adoperano a portare alla Corte prelibatezze di avanzi e a inventare feste danzanti tra le immondizie. La vita degli strassoni, povera ma felice, cambia all’improvviso quando uno di loro, Bertolin, scoprirà di essere il beneficiario di una milionaria eredità.
Diventato ricco sfondato, e abbandonata la Corte, tornerà Bertolin a riscattare i suoi compagni e a portare con sé la sua amata Laureta? O i soldi gli faranno forse dimenticare di essere stato anche lui, prima di diventare ricco, un barbone? Il giorno che le quattro impettite segretarie del Cavalier Bertolino Bertoloni si presenteranno alla Corte, insieme con la nuova moglie di quest’ultimo, Arpia, in un istante sarà chiaro a tutti che la vita della Corte dei Strassoni cambierà, per sempre.
Contatti: accesso dal sito
è un’associazione, nata per volontà dell’insegnante Cinzia Favalli, che opera in un una zona della città di Quixadà, in Brasile, dove offre un intervento socio-educativo a bambini e ragazzi che si trovano a crescere in situazioni di vita precarie e degradate. In questo difficile contesto l’associazione, a partire dall’anno 2004, grazie al contributo di amici italiani, ha comperato e sistemato una struttura in cui ospitare i bambini, evitando che restino per la strada. Successivi interventi hanno permesso di ampliare la sede e di renderla un luogo sicuro, sempre più attrezzato a offrire sostegno nell’apprendimento (che qui è particolarmente difficile per le carenti condizioni sociali e la scarsa alimentazione), garantendo un rinforzo in grado di migliorare lo sviluppo psichico e sociale dei piccoli ospiti, e fornendo un accompagnamento professionale anche a donne, a giovani e adulti, che permetta loro una pur modesta emancipazione economica. La struttura, gestita e portata avanti da volontari del luogo, è diventata un punto d’incontro per tutta la comunità della zona. I contributi raccolti in Italia permetteranno di continuare il perfezionamento della sede e del progetto di scolarizzazione, ma anche la realizzazione di altre importanti attività, come l’apertura di un piccolo negozio che permetta l’auto-sostentamento.
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forma, promuove e diffonde espressioni della cultura, dell’arte e dello sport quali mezzi per la crescita di una Responsabilità Civica e della solidarietà del tessuto sociale. Uno dei principali obiettivi della Fondazione è fornire un contributo significativo al benessere dell’intera società, guardando in particolare alle nicchie di maggior disagio alle quali vuole dedicare un’attenzione speciale svolgendo la sua attività in particolare nel comprensorio del Villafranchese. Solidarietà, impegno, contributo attivo sono condizione per il pieno benessere di ciascuno: di chi può ricevere e di chi vuole donare. Tuttavia, la persona umana per “stare bene”, ha necessità di soddisfare non solo bisogni materiali, ma soprattutto bisogni relazionali. Ed è a tali bisogni, quali l’amicizia, la fiducia e la condivisione di progetti comuni, che la Fondazione intende fornire una precisa risposta, generando occasioni non solo per “stare con gli altri”, ma anche per “fare con gli altri”. La Fondazione vuol’essere un incubatore di attività e progetti che coinvolgano attivamente l’intera comunità e che consentano a ciascuno di sentirsi destinatario e protagonista nel contempo. Fondazione CIS intende impegnarsi per innescare un circolo virtuoso di impegno reciproco e di crescita comune.
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