A volte certi esempi sono scontati, ma funzionali: vi ricordate negli
anni 70/80 quante cabine telefoniche c’erano in giro? Un bel giorno
vi siete guardati intorno e, sorpresa!, non ne avete trovata più
nessuna. Nessuno si è messo d’accordo col proprio vicino di non
voler più vedere cabine in giro: semplicemente ciascuno,
individualmente, ha fatto la sua scelta acquistando il telefonino, e
ha influenzato il tessuto sociale al cambiamento. Questo è ciò che
possiamo fare anche contro la violenza.
Sapete come Gandhi insegnava a focalizzare le proprie tendenze
inconsce alla violenza? Si prendeva la briga di annotare ogni sera,
in due colonne separate, la azioni di violenza fisica e passiva viste
durante il giorno...comprese le proprie! Consigliava di osservarne la
relazione perché tra la violenza passiva e fisica c’è una relazione
intima, come quella tra benzina e fuoco: dobbiamo avere ben chiaro
che la frustrazione, la disperazione, il sentirsi inferiori, generati
talvolta anche solo dall’insulto o dalla derisione, genera rabbia , che
può benissimo scaturire in aggressione!
Vi chiederete, forse, perché io continui a parlare di violenza in
generale e non specificatamente di quella sulla donna, perché non
punti il dito su nessuno.
Non posso, perché tutti noi, nessuno escluso, possiamo fare
qualcosa di diverso!
Possiamo scegliere di dire più buongiorno; di sorridere guardando
in faccia le persone, anziché attraversarle come fossero trasparenti
o abbassare lo sguardo quando incontriamo qualcuno; possiamo
scegliere di dire “come stai?” e soprattutto di ascoltare la risposta;
possiamo decidere di chiedere se serve aiuto e agire di
conseguenza... faccio un piccolo esempio: pochi giorni fa, orario di
punta, 2 donne in panne in circonvallazione. Io e il mio compagno
dietro di loro. Io con le stampelle per fortuna non potevo spingere,