Davide van de Sfroos, dopo essere approdato al festival di San Remo, continua il suo viaggio navigando alla Fnac di Verona con uno show case dove racconta della sua ultima avventura musicale, l’album “Yanez”, omonimo della canzone insignita del premio Salgari qualche ora dopo, durante il concerto tenuto al Filarmonico.


Davide parla liberamente e ampiamente del suo lavoro, della sua espressione artistica, della sua esperienza sanremese piuttosto atipica, alla quale è stato invitato a partecipare e nella quale si è inserito “rassicurato” , se così si può dire, dal fatto di ritrovare amici già conosciuti in occasione dei vari premi Tenco ai quali aveva partecipato in passato, dal poter presentare direttamente se stesso e il suo stile senza mediazioni, dal partecipare libero dal senso di competizione e, soprattutto, dal fatto che al di là dello schermo ci sarebbero stati comunque i suoi fans ad ascoltarlo...


Racconta che Yanez è nata dopo una serata di bisboccia, unita ad un vecchio testo scritto su qualche taccuino, canticchiata nel telefonino per non perderne la memoria melodica, e tutt’altro che confezionata per qualsiasi san remo. Eppure è arrivata quarta, contenuta in questo disco uscito un mese dopo l’evento san remo, perché nato, voluto, sviluppato e definito semplicemente dall’esigenza di un artista che stava seguendo il suo impulso, il suo ritmo e non quello degli eventi mondani...


Ciò di cui Davide van de Sfroos si lamenta riguardo a San Remo, è in realtà, la necessità di doversi continuamente, ripetutamente raccontare e sempre nelle stesse cose, mentre ciò che più gli da soddisfazione è che alcune radio importanti abbiano iniziato a trasmettere i brani del suo disco e non necessariamente solo Yanez.


Certo di aver portato realmente se stesso e la sua impronta sul palco dell’Ariston, ha visto riconosciuta la sua personalità artistica attraverso la voglia dimostrata dal pubblico di conoscere meglio le sfaccettature del suo lavoro passato, sia attraverso le canzoni che i libri da lui scritti.


Riflettendo su questa ricchezza delle cose realizzate in passato, è Davide stesso che si chiede cosa avrebbe potuto mettere ancora in gioco, e così si racconta: (ascolta l’audio) con il risultato di offrire al pubblico parti davvero private e intime di sé.


La chitarra di Davide fa le bizze, non si lascia accordare: sembra che voglia lasciare qui lo spazio per il dialogo , sapendo che il momento della musica sarà solo un po’ più tardi...


Un ospite chiede della canzone “Il Reduce”. (ascolta l’audio per la risposta)

La sottoscritta scivola nel passato citando il protagonista del romanzo e il cognome anagrafico di Davide: (ascolta l’audio per la risposta)

Si torna al disco, alla canzone “Il camionista Ghost Rider”, perchè qualcuno chiede “come mai proprio quei quattro fantasmi...?”


L’interrogativo passa poi alla lingua, il laghè, mai abbandonato da Davide che afferma di non porsi il problema e di scrivere indifferentemente in italiano e in dialetto, talvolta frammisti, talvolta arricchiti d’altri idiomi, talvolta antichi come la lingua greca.


Emerge anche un sogno di collaborazione musicale con i Metallica (personalmente la cosa mi incuriosisce e un po’ ci spero) e si scopre che spesso ascolta esordienti con i quali non esclude eventuali collaborazioni. Per sé ambirebbe affidare la fusione dei suoi suoni a Danielle Annuas o Raikuder


Sul filo della chiacchiera si sottolinea la differenza tra i concerti teatrali, più intimi e attenti, adatti all’inserimento di brevi monologhi e recitati, e quelli dell’estate, festaioli, movimentati, lasciando intuire che probabilmente,quest’estate... a Fiamene....


beh Davide, noi ti aspettiamo. ciao!