Cari Pirati di Radio e di Terra, la nostra puntata di oggi cade in prossimità del 25
novembre, giornata che è stata eletta a livello mondiale contro la violenza sulle Donne.
Era il 30 marzo 2012 quando sono stata invitata da Fidapa!- Federazione Italiana Donne
Arti Professioni e Affari - a intervenire nelle sale del Circolo degli Ufficiali di Verona, su
questo argomento per sostenere la fondazione Rita Levi-Montalcini, rappresentata
dalla Dott.sa Giuseppina Tripodi .
Il titolo dell’incontro era “L'istruzione, strumento per combattere la violenza sulle Donne.”
E’ stato per me un incontro davvero eccezionale, ma da brava Bastiàn Contrario, pur
restando sulla rotta, mi era impossibile esimermi da qualche variante, perciò...
Oggi, dove vi porterò con il mio bordeggio? Da dove partiremo, ma soprattutto, dove
approderemo tra racconti, riflessioni e considerazioni?
Salite a bordo, aprite il cuore e lasciate alla deriva i pregiudizi...
Aggiungo solo che avrei voluto parlare a braccio, ma per timore di scivolare fuori tema o di
scordare qualcosa, ho preferito scrivere il testo del mio intervento che grossomodo era
quel che segue!
Quando mi è stato chiesto di intervenire sull’argomento “violenza sulle donne”, la prima
cosa che ho cercato di chiedermi è cosa sia la violenza sulle donne, quali origini e quali
forme abbia.. ma allo stesso tempo mi sono resa conto che mi è difficile trattare questo
argomento, perché per il mio sentire, la violenza è violenza, sia essa ai danni di bambini,
di donne, di etnie, di vicini di casa, di nemici ideologici, di esponenti di religioni diverse...
anche di animali
La seconda è stata quella di cercare di non essere scontata o banale nel cercare risposte
o fare proposte...
Ho valutato, ad esempio, che non si possono conoscere tutte le forme di violenza che
vengono attuate perché, anche in questo doloroso aspetto della vita, ogni cultura ha le sue
“sfumature”, se così le vogliamo chiamare, condite magari da perversioni individuali.
Tuttavia, non posso esimermi dal percepire quanto ci accade intorno. E’ impossibile non
pensare ai fatti più eclatanti quali la violenza domestica, lo stalking, l’omicidio, lo stupro
che peraltro considero doppiamente grave, dal momento che è qualcosa che poi
ci accompagna giorno per giorno, come passeggiare con la nostra gemella morta
costantemente a fianco...
Avete mai pensato però, che quando si guarda la televisione, questi fatti sono propinati
con la stessa frequenza dei caffè al bar?
Avete mai pensato che la parla “normale”, che spesso usiamo, non è affatto sinonimo di
“giusto”?
Io ho la netta impressione, invece, che “rientri nella norma” una azione che viene ripetuta
in modo assiduo, fino a scivolare nella connotazione di “accettabile”, “ammissibile”... Salvo
poi indignarci e scandalizzarci quando questi stessi fatti si incontrano nelle vita reale....
Avete mai letto “Cattiva maestra televisione” di Popper?
Una delle massime riportate in copertina sottolinea che se la televisione non avesse lo
strapotere che ha, nessuna azienda sarebbe così sprovveduta da spendere migliaia e
migliaia di euro in pubblicità!
Dunque? Qual’è la conclusione? Certo, non tutto il male nasce dalla televisione, ma
queste immagini, così familiari, così quotidiane, così domestiche, così ampiamente
ripetute e incontrastate, alcune di fantasia e altre di cronaca, finiscono per rientrare
appunto nella normalità, e di conseguenza nel vivere quotidiano.
Diventa normale picchiare una donna, stuprarla, mostrarla...
Non dico nulla di nuovo se parlo di filmati trasmessi dai telefonini o scaricati in internet!!
Non voglio dar spazio all’educazione alla violenza, ossia a quel gioco perverso del ”ti
racconto qualcosa, tu immaginala, e magari falla anche tua: forse un giorno la potrai usare
e addirittura perfezionare”, come fanno solitamente telegiornali e stampa.
Preferisco usare il nostro tempo in modo più propositivo e costruttivo: meglio cercare, se
non soluzioni, quantomeno intenti volti a contrastare questo deprecabile fenomeno.
Personalmente ritengo che ogni forma di violenza abbia due aspetti di fondo che si
sostengono reciprocamente: l’incapacità di riconoscere l’altro come simile a sé in quanto
essere vivente al di là di qualsiasi altra classificazione e il riconoscere, come dicevo,
“normali” determinati comportamenti.
Comprendo che il mio pensiero e il mio approccio non possono offrire risultati immediati
per creare una controtendenza significativa, ma è altrettanto vero che la violenza, specie
quella non manifestata in forma brutale, non può essere fermata dalla legislatura.
Si, talvolta sarà punita, ma fermata no!
Platone affermava: E' più virtuoso l'uomo che obbedisce alla legge interiore, piuttosto che
l'uomo che obbedisce perché ha paura della punizione della legge.
Perché faccio questo riferimento? Perché questo è il mio approccio di fondo: una
formazione, un’educazione, scolastica e non solo, alla percezione dell’altro come essere
simile a me, in grado di gioire, soffrire, sognare, sperare, lottare, ma alo stesso tempo
distinto da me e certamente degno di rispetto. E la violenza non troverebbe più spazio per
essere!
Un esempio leggero, sul nostro pensare nella “normalità”: quanti di noi, uomini ma anche
donne, sono pronti a fare battute su una ragazza dal seno prosperoso, o sexy, o troppo
giovane o troppo vecchia rispetto al proprio compagno o semplicemente straniera?
Accettare, condividere, ridere di queste cose, può sembrare innocente: è comunque una
manifestazione del pensiero comune, dell’idea corrente, e rimane in ogni caso una
mancanza di rispetto verso la donna, che sedimenta nelle nostre menti fino a sfociare in
espressioni del tipo “se l’è cercata, se l’è voluta”, mettendo a tacere ogni forma di sana
indignazione.
E giudicare l’aspetto di una persona? Questo giudizio che a volte è espresso e a volte è
sottinteso, ma che fa comunque sentire imperfetti, inadeguati, insoddisfatti di sé, non è già
una forma di violenza? Non nasce dall’idea astratta e assurda che l’altro valga poco o
niente perché lontano da una presunta perfezione che non esiste? Sentirsi in dovere di
dimagrire, farsi plastiche, indossare calzature scomodissime per ritenersi accettabili o
adeguate, non è sottostare a una silenziosa violenza?
E se potrebbe essere relativamente “facile”, formare al rispetto e alla non violenza le
nuove generazioni resta il grosso scoglio di trasformare un ambiente sociale rigido,
preconcettuoso ed egocentrico: chi di noi, davanti ad un momento di frustrazione o di
impotenza non ha mai aggredito verbalmente la persona che aveva accanto?
Presumo tutti.
Quanti invece spiegano con calma e verbalmente il proprio sentirsi fragili, inadeguati, non
all’altezza per quello specifico momento?
Diventa quindi una grande ipocrisia trattare gli altri, e fra questi la donna, con superiorità,
salvo poi lamentarci che siamo in un mondo violento e senza valori.
Quindi non ci resta che sfidarci ad essere rivoluzionari nella mente. Siamo tutti in grado di
imparare ad assumerci la nostra parte di responsabilità nella trasformazione di questa
società: certo però che questo comporta impegno in prima persona, comporta osservare i
propri pensieri e fermarsi un attimo a chiederci perché facciamo determinate cose e
trovare per esse nuove abitudini alternative.
Dunque, «Dobbiamo essere il cambiamento che desideriamo vedere», come affermava
Gandhi, perché la società, ricordiamolo, è la somma degli individui, cioè si manifesta
secondo la somma delle nostre azioni.
A volte certi esempi sono scontati, ma funzionali: vi ricordate negli anni 70/80 quante
cabine telefoniche c’erano in giro? Un bel giorno vi siete guardati intorno e, sorpresa!, non
ne avete trovata più nessuna.
Nessuno si è messo d’accordo col proprio vicino di non voler più vedere cabine in giro:
semplicemente ciascuno, individualmente, ha fatto la sua scelta acquistando il telefonino,
e ha influenzato il tessuto sociale al cambiamento.
Questo è ciò che possiamo fare anche contro la violenza.
Sapete come Gandhi insegnava a focalizzare le proprie tendenze inconsce alla violenza?
Si prendeva la briga di annotare ogni sera, in due colonne separate, la azioni di violenza
fisica e passiva viste durante il giorno...comprese le proprie!
Consigliava di osservarne la relazione perché tra la violenza passiva e fisica c’è una
relazione intima, come quella tra benzina e fuoco: dobbiamo avere ben chiaro
che la frustrazione, la disperazione, il sentirsi inferiori, generati talvolta anche solo
dall’insulto o dalla derisione, genera rabbia, che può benissimo scaturire in aggressione!
Vi chiederete, forse, perché io continui a parlare di violenza in generale e non
specificatamente di quella sulla donna, perché non punti il dito su nessuno.
Non posso, perché tutti noi, nessuno escluso, possiamo fare qualcosa di diverso!
Possiamo scegliere di dire più buongiorno; di sorridere guardando in faccia le persone,
anziché attraversarle come fossero trasparenti o abbassare lo sguardo quando
incontriamo qualcuno; possiamo scegliere di dire “come stai?” e soprattutto di ascoltare la
risposta; possiamo decidere di chiedere se serve aiuto e agire di conseguenza... faccio un
piccolo esempio: pochi giorni fa, orario di punta, 2 donne in panne in circonvallazione. Io e
il mio compagno dietro di loro. Io con le stampelle per fortuna non potevo spingere,
ma lui è sceso. Non a caso ho detto “per fortuna”: ho dovuto fare loro da scudo con la
macchina, perché potessero attraversare incolumi la strada: oltre a noi, nessuno ha
rallentato e tanto meno si è offerto di dare una mano. Tutti strombazzavano e, infastiditi,
passavano a pelo di queste tre persone. Io e il mio compagno sappiamo che in quel
momento abbiamo fatto la differenza.
Abbiamo ridotto l’ansia e lo scoraggiamento di quelle due donne.
Abbiamo offerto loro l’opportunità di provare dentro di se’ un senso di gratitudine che
smorzava proporzionalmente anche la loro rabbia di non essere comprese nella difficoltà.
Sono anche certa che qualcuno, distratto, si sarà reso conto della situazione in un
secondo tempo, e avrà pensato che un’altra volta potrà fare altrettanto.
Credo di avervi dimostrato che possiamo imparare tutti a fare la differenza. Abbiamo la
possibilità di scegliere sempre quale segno lasciare in chi ci è accanto, a prescindere che
venga o meno recepito in modo immediato. In ogni caso, un atteggiamento aperto,
una parola gentile, un attimo di ascolto, sono già espressione di nonviolenza attuabile nel
quotidiano.
E fino a qui, le mie parole valgono per tutti. Ma c’è chi può fare di più. Sono gli insegnanti
e determinati professionisti della comunicazione: queste persone hanno una
responsabilità ancora più grande, perché hanno un ruolo maggiore nella formazione delle
persone.
Un insegnante che si impegni ad essere il migliore possibile, che insegni il valore
dell’individuo, che si impegni a dialogare con i ragazzi, anziché a giudicarli e basta, che si
ricordi che il programma è importante, ma la persona viene prima, otterrà due grandi
risultati contemporaneamente: allievi sereni e bendisposti all’apprendimento.
E l’essere bendisposti all’apprendimento, apre, a rosa, altre possibilità.
L’istruzione permette di allenare la mente al pensiero, permette di essere curiosi e
conoscere, permette di fare confronti e scegliere, permetta di capire che nulla èineluttabile,
permette di prendersi in mano e costruire la propria vita secondo le proprie inclinazioni,
permette di scegliere lavori che possano a loro volta essere dignitosi se non preziosi per
sé e per gli altri, permetta di trovare strategie per proteggersi qualora fosse il caso...
Quindi vi rinnovo il mio costante e paziente invito a non perdere mai l’occasione di fare
ciascuno la nostra parte, e noi donne, proprio perché donne, madri e compagne, abbiamo,
a mio avviso, come sempre, il compito di essere ancora più attente e presenti alle nostre
azioni!
E con queste parole, eli the worst ha concluso il suoi intervento al Circolo degli Ufficiali.
Spero vivamente, cari Pirati, di avervi dato una volta in più l’impulso a non farvi sopraffare
da quel brutto sentire che ci induce a comportarci in un certo modo, anche se lo riteniamo
sbagliato, solo perché ci sembra così inutile e minuscolo bordeggiare in contro corrente.
Spero che a furia di navigare insieme, stiamo iniziando a far gonfiare un’onda di
cambiamento, più rispettosa della Vita, della sua dignità, della sua unicità...
Ah quanto vorrei che fossimo noi le singole gocce capaci di creare uno tsunami che
distrugga ogni forma di violenza, di prevaricazione di discriminazione!
Grazie a tutti voi per l’ascolto e la partecipazione, ai miei compagni d’avventura, a
cominciare da Gabriele per poi passare a Luca e dj Pilo, e, una volta tanto, alle loro
Donne, preziose complici di ogni puntata!
Lo tsunami parte ogni lunedì con la nuova puntata da yastaradio.com alle 19.00 e da
Radio RCS alle 21.00 e replica su yastaradio.com al giovedì alle 11.00 e alla domenica
alle 23.00.
Io vi offro la mia puntata, non sempre puntuale ma comunque garantita, sul blogspot di
Elena Furio!
Ciaoooo!