Cari Pirati di Terra...sentito quante novità?
Ben ancorate nella Baia di yastaradio le nuove puntate del lunedì alle 19,00 e la replica
del giovedì alle 11,00, ma saprete già che recentemente siamo diventati ospiti anche di
Radio RCS, l’Onda veronese al lunedì sera alle 21,00 sui 98.6 fm per Basso Veronese e
Lessinia e sui 91.5 per il Basso Lago di Garda, ma....ma anche la replica di fine settimana
su yastaradio si rinnova!!!! ...e anziché al sabato mattina, diventerà la matrice dei vostri
sogni vi farà compagnia con le sue storie, le sue riflessioni e la sua musica la domenica
sera alle 23.00...
Per noi sarà, come sempre, una gioia e un piacere ricevere le considerazione e i
commenti dei Pirati all’ascolto più affezionati ma anche di quelli nuovi: per questo vi
ricordo che ci trovate tutti attraverso la pagina fb di Radio Pirata - la Radio nella Radio, ma
che potete contattarci anche dal sito di yastaradio.com.
E ora che vi ho aggiornati sulle cose future.... oggi?
Oggi, dove vi porterò con il mio bordeggio? Da dove partiremo, ma soprattutto, dove
approderemo tra racconti, riflessioni e considerazioni?
Salite a bordo, aprite il cuore e lasciate alla deriva i pregiudizi...
Ogni tanto, malgrado abbia scelto di vivere il più possibile in mezzo alla natura e ai margini
dell’autocelebrata “civiltà”, mi capita, come è ovvio e naturale, di spostarmi e attraversare
in modo particolare la provincia di Verona.
Per un momento, lasciamo perdere la mia “sconsiderata” venerazione anacronistica e
irrealizzabile nei confronti di una Natura incontaminata, e vi prego, seguitemi solo in una
sorta di visualizzazione di scenari oggettivi e di potenziali alternative non discosti dalla
contemporaneità...
Lo scenario che vedo è sempre più simile a una scena da dopoguerra: caseggiati e
palazzine e negozi, chiusi, abbandonati, fatiscenti se non addirittura diroccati.
Di tanto in tanto in tanto sontuose strutture ipermoderne, ennesimi centri commerciali
fagocitanti territorio, vite, natura e attività commerciali minori.
Ecco, quando io passo... che vi devo dire? a me si accappona la pelle: è proprio una
sensazione fisica di irritante raccapriccio.
E ci mancherebbe che non fosse così! Non sono forse la conduttrice di una rubrica che ho
scelto liberamente di chiamare Bastiàn Contrario?
Da dove iniziamo...
Beh, se percorriamo una di quelle strade che attraversano Paesi, i cui negozi, bar e studi
professionali sono l’uno affiancato all’altro, è praticamente impossibile non incontrarne di
chiusi, spazi tristi come occhi accecati, che raccontano la loro storia, raramente di
partenze verso lidi migliori, troppo spesso di abbandoni, col loro carico di sogni infranti, di
aspettative disattese, di perdite economiche e di spalle curvate da debiti difficili da
saldare...talvolta di famiglie spezzate sotto i colpi delle troppe spese cui far fronte e
dell’insoddisfazione e senso di impotenza che le accompagna...
Vi siete mai chiesti, così, per puro volo di fantasia, quale sia stata la sorte dei gestori di
quel tal negozio di abbigliamento che aveva sempre quelle cose così carine e uniche? O
quella pasticceria dal profumo di antico, con la sua proprietaria sempre così elegante e
fine nei modi da sembrare una contessa? O quel simpaticone un po’ eccentrico che
vendeva dischi in vinile di autori di nicchia...?
Quando passo e vedo quei pezzi di fabbricato, fatiscenti, grigi di polvere d’asfalto ma
anche di cemento così stanco e triste, che non ce la fa più nemmeno lui a stare attaccato
al soffitto o ai muri, quelle vetrate troppe volte offese dall’ignoranza e dalla superficialità di
un sasso tirato per rabbia o per scherno o anche...per niente...a me... a me verrebbe
voglia di andare a rimettere tutto in piedi: le cornici dorate delle vetrine, le sedie lasciate
dentro con qualche scatola vuota, lo specchio reso miope dalla polvere depositata...
raccogliere la carta che lo scotch ormai secco ha lasciato cadere, rivelando la miseria e il
dolore di quegli spazi lasciati vuoti, di quegli spazi della cui dignità nessuno ha le risorse o
le motivazioni per occuparsi...
Vorrei togliere la polvere lasciando il posto a colori, aria pulita, luci e ...rinnovata vita.
Penso sempre più spesso all’enorme danno in essere e in potenza cui i centri commerciali
ci inducono a partecipare, vuoi per la facilità di parcheggio e di rapido e omologato
reperimento di quanto ci serve, vuoi per le accattivanti strategie di marketing che ci fanno
spendere il triplo convincendoci che stiamo risparmiando mentre compriamo irrinunciabili
stronzate del tutto superflue.
Penso a quando riesco ad andare nel negozietto in cui la titolare ammicca dicendomi che
secondo lei ha una cosa che fa proprio per me, o nel caffè in cui mi chiedono come stia
mia figlia, o se ho già sentito l’ultima canzone appena uscita del mio gruppo preferito.
Penso all’amore che ha messo Isabella, una donna in gamba del Paese che abito,
rinnovando mano a mano pezzo per pezzo del negozio con bancali e cassette di legno,
con l’aiuto e la collaborazione partecipe dei paesani e penso a quanto sia fortunata a poter
gestire ancora così, quasi in una fiaba, il negozietto/bazar rilevato dal vecchio e gentile
proprietario, negozietto che esiste ed è solido solo perché qui non arriva forte la piovra dei
grandi centri commerciali!
Penso a quante storie d’amore siano state le piccole attività per i loro proprietari.
Penso ai proprietari del passato che ci hanno costruito e poi anche dilapidato le loro
fortune per cercare di tenere in vita le loro botteghe.
Penso ai giovani, audaci e incoscienti, ma di certo intraprendenti, che ci hanno provato
mettendosi in gioco con tutto e perdendo tutto come a una cattiva mano di roulette, e mi
chiedo come facciano a ripartire e a far rifiorire più forte la loro passione, se avranno a
lungo sulle spalle il peso della disillusione, della sconfitta morale, dei debiti e delle tasse
che dovranno comunque essere pagati malgrado l’assenza delle entrate previste,
l’umiliazione che proveranno guardando chi li ama e i propri figli...
Non sono solo calcinacci, le attività che chiudono.
Non sono solo mancati acquisti per noi che passiamo.
Non sono solo spazi irritanti alla vista e all’eleganza delle strade.
Sono Vite profondamente ferite.
Ma se questo tipo di edifici abbandonati, risveglia in me questo tipo di compassione e
comprensione, molto diverso è l’effetto che mi fanno gran parte di altri grandi edifici o
capannoni abbandonati!
Soprattutto alcuni raccontano proprio di arroganza e presunzione, di insana competitività:
sono le carcasse, i gusci vuoti di quelli che hanno tentato di far le scarpe a quelli più
grossi che già c’erano prima di loro, centri commerciali mediopiccoli che tentano
l’arrembaggio di mercati già consolidati e... perdono, lasciando alla deriva non solo le loro
navi ancora nuove, ma tutti coloro che erano saliti a bordo con loro per solcare lo stesso
mare.
Altri, non sono da meno, ma per il motivo opposto: forti della fortuna di un buon fatturato, o
di partecipare in nuove società, o furbescamente espatriati verso paradisi fiscali, lasciano
alle loro spalle capannoni in disuso, che pesano al paesaggio e all’ambiente come l’agonia
di enormi balene spiaggiate verso la decomposizione.
Ripeto: queste cose mi fanno incazzare: a fronte di un ambiente che supplica per avere un
po’ di rispetto, a fronte di cementificazione galoppante che ormai rende impermeabile e
troppo calda una gran parte del nostro territorio, noi ci prendiamo addirittura la libertà e il
lusso di abbandonare fabbricati del tutto agibili e in buono stato!
Stato! Ecco, se io rappresentassi lo Stato spingerei per avere leggi molto severe a
riguardo!
Liberi per scelta un edificio commerciale o artigianale? Hai tempo 2 anni per venderlo o
affittarlo o sfruttarlo in modo nuovo rispetto a prima: altrimenti diventa bene del Comune
che potrà farne l’uso che preferisce: dal riadattamento per servizi sociali di svariata natura,
all’avviamento di piccole attività come ad esempio facilitazioni significative per sostenere
l’avviamento di centri estetici, o sartorie, o studi dentistici, o laboratori teatrali e artistici, o
spazi sperimentali per nuovi lavori, o assemblaggi o sale prove per musicisti, oppure
potranno essere convertiti in strutture con servizi per anziani autosufficienti ma con
motivazioni tali da non voler vivere isolati o soli, oppure potranno essere utilizzati come
capannoni per accumulare e gestire beni donati per eventuali catastrofi locali e non, o per
accogliere quei migranti che si trovano nella difficilissima fase di transizione e uscita
dall’accoglienza che prevede che possano restare nelle strutture finché sono in attesa dei
documenti, ma che dal momento stesso in cui hanno questi anelati documenti debbano
trovare istantaneamente, grazie a una non meglio identificata bacchetta magica, alloggio e
lavoro...eh, già: perché è logicissimo che si possa trovare alloggio prima di avere in tasca
la somma necessaria per pagarlo...e ovviamente qualsiasi datore di lavoro pagherà
anticipatamente almeno 2 mensilità a chiunque glielo chieda!!
Quando vedo alcune di queste strutture grandi e quasi completamente sane, vuote, mi
piace pensare a una centralizzazione di certi servizi come le multiofficine, che vanno dal
meccanico, al gommista, al carrozziere, passando per l’elettrauto e magari lo sportello
ACI, oppure la centralizzazione di alcuni tipi di uffici, ma ancora di più mi piacerebbe veder
assegnate nello stesso edificio le sedi dei partiti di tutti gli schieramenti, con politici
praticamente obbligati ad acquisire e elargire lezioni di civiltà e convivenza...
Restano ancora due colpi al cuore per me, quando vado in giro: le case abbandonate
diciamo così “di città” e i cascinali delle campagne.
Vedo, di tanto in tanto, case bellissime, villette magari in stile liberty o semplici case anni
’60 evidentemente disabitate.
Passato un po’ di tempo...eccole, le stesse case...cominciano a sfondarsi i tetti,
cominciano a crollare, e rimangono lì, testimoni di qualcosa che non riesco a indovinare...
Ma mettendo insieme discorsi generici e pescati da più parti, si aprono ipotesi su ipotesi:
dalle case ereditate i cui eredi non si sono messi d’accordo, case ereditate i cui eredi non
hanno disponibilità economica sufficiente per prendersene cura e che magari sognano
“che un giorno...”, case abusive, mai condonate che non possono essere usate ma che
non vanno nemmeno giù, continuando a occupare inutilmente volume sulla Terra, case
che attendono il ritorno di figli che non torneranno mai, case che “piuttosto che
svenderla...” e intanto vanno giù a pezzi, case che attendono di crollare perché non
interessano a nessuno e... “poi magari vendo il lotto”, case che non hanno eredi e
passano allo Stato ma solo dopo vent’anni e intanto...muoiono...Ma la cosa più triste -
assurda! - sono le case cui viene sfondato il tetto per non pagare l’IMU...
Ora io proprio non comprendo questa Legge vergognosa che non distingue tra case
godibili e case che si vogliono vendere e tassa tutti nella stessa maniera: ma non sarebbe
più giusto che, se non sono intenzionato a tenere per me questa casa, e la metto in
vendita con tanto di mandato presso un’agenzia, io possa avere il congelamento dell’IMU
fino al momento della vendita? E qualora dovessi ricredermi e cambiare idea, sarei
comunque tenuto a pagare tutti gli arretrati congelati...
Inoltre, io comprendo che a volte anche ereditare - e non mi soffermo sul dolore, ma solo
sulla praticità delle cose - sia più un problema che un beneficio, specie quando ci sono
beni immobili e non denaro e, effettivamente, se non ci sono soldi, non ci sono...ma non
sarebbe meglio cercare di accattivare un acquirente abbassando il prezzo della casa,
piuttosto che sottostare alla follia di spaccare il tetto e vedere case sane che iniziano a
deteriorarsi fino a valere davvero poco?
E i cascinali? Ah, qui mi si sfondano non solo i tetti, ma anche il cuore!
Ci sono, nelle campagne veronesi, ma anche mantovane o modenesi, meravigliosi
agglomerati rurali, con barchesse, stalle e fienili...e alberi. Grandi, vecchi, possenti,
insostituibili alberi.
Intorno ci sono campagne, alcune coltivate, altre no...
Io mi ci perdo proprio a rivedere storie di bimbi scalzi che corrono tra le galline e braccianti
che inforcano il fieno e donne che lavorano sull’aia o nelle grandi cucine...
E ogni volta che ne vedo uno...vorrei con tutta me stessa poter acquistare case e terre e
cercare di rendere realtà il mio sogno condividendolo con altri nostalgici (o futuristi?
ricordiamoci sempre che ogni civiltà arriva a un apice, lo supera e inizia a tornare
indietro...magari...il mio pensiero bastian contrario ha giù oltrepassato quell’apice...)
Vorrei ricominciare a vivere collettivamente, condividendo spazi e oggetti, lavorando fianco
a fianco in sinergia con la Terra, sentire il sole, e la pioggia e la brina e le fasi della luna, e
rinunciare a tutte quelle comodità che inquinano e ci stanno rendendo sempre più deboli e
mollicci, che ci rendono estranei aspetti connaturati come i ritmi circadiani.
Vorrei sperimentare le capacità della Natura di produrre, di conservarsi, di rinnovarsi, così
come la forze del corpo.
E mi fa rabbia che restino lì a decadere, ad annientarsi.
E ancora più rabbia mi fa che, qualora potessi acquistarli, mi venga imposto come
sistemarli per viverci, sia per il concetto di stile di vita molto più spartano e lontano dalle
tecnologie che prediligo, sia per l’ulteriore esborso economico che mi verrebbe richiesto...
Ma queste sono le mie fantasie, questo aggancia solo me e quei pochi che mi somigliano.
In senso più universale a livello sociale, vorrei ricollegare questo aspetto decadente e
indecoroso di certe città e di certe campagne a una delle tante contraddizioni politico
economiche.
Da un lato, e lo ripeto, abbiamo l’ambiente: siamo gli unici animali le cui tane durano più e
più volte la durata della vita di chi le occupa. Inoltre, le nostre tane, come credo di aver già
suggerito in qualche altra puntata, contrariamente a quelle di qualsiasi altro animale, NON
ritornano a fondersi con la natura: cemento, materiali plastici, lavorati metallici, porcellane
per sanitari, lastroni di pietra di chissà quali giacimenti violati, resteranno sempre qualcosa
che la Natura non ha modo di re-inglobare.
Sembra davvero anacronistico che ancora si utilizzino materiali che non siano
decomponibili al 100%
E ripeto ancora una volta che tutta questa glassa di asfalto e cemento che tanto amiamo
al posto di strade sterrate e prati, continueremo a pagarla cara, creando irrimediabilmente
problemi di esondazioni e di surriscaldamento, problemi di salute legati alla
deambulazione, problemi a diverse specie animali e quindi all’ecosistema, e quindi anche
a noi che siamo comunque animali e comunque parte dell’ecosistema!
Ma siccome i Comuni hanno bisogno di denaro nelle loro casse e siccome guadagnano
dalle NUOVE lottizzazioni e dall’IMU applicata alle seconde case, continueremo a incollare
cemento e asfalto ovunque, continueremo a far morire case sane e a non ristrutturarle,
continueremo ad accumulare rifiuti edilizi speciali e comunque non riciclabili - a pagarne la
discarica speciale -, a fare case sempre più piccole e soffocanti, sempre meno accoglienti
e stimolanti per vite collettive, continueremo a vivere in loculi in modo da non sentirci
troppo stretti quando arriverà la nostra ora, ma sarà tutto rigorosamente nuovo e assurdo
e paradossale, come i serramenti praticamente sigillanti e i buchi nei muri per far circolare
l’aria, alla faccia dei vecchi e più sani spifferi.
Le nostre strade e campagne, intanto, continueranno a raccontare storie di decadenza alla
faccia del tanto osannato progresso.
io, eli the worst, e la mia co-cooo-conduttrice Guendalina, vi salutiamo e come sempre vi
ricordo che potete trovare tutte le mie precedenti puntate sul blogspot di elena furio
Buon bordeggio a tutti i Pirati di Terra e a tutti i miei compagni della Ciurma
NUOVA PUNTATA
Lunedì ore 19.00 yastaradio.com
ore 21.00 radio RCS
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98.6 fm Bassa veronese e Lessinia
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Domenica ore 23.00 su yastaradio.com
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