Ecco, a fronte di tanto esporsi, di tanto spogliarsi all’orecchio dell’Altro...ci si trova molto
spesso non ricambiati in questo importantissimo atto d’amore, che ci permetterebbe di
essere in relazione.
...perchè se è vero che la parola esterna, il corpo stesso parla: parla magari di insicurezza,
dichiara un senso di inadeguatezza, manifesta un limite e magari l’incapacità di
comprendere certe indicazioni, lascia scivolare fuori un dolore nascosto e il corpo della
persona che dovrebbe accogliere, troppo spesso parla di non ascolto, di non attenzione, di
dare per scontato, di fraintendimento, di non volontà di capire un po’ di più, di quasi totale
assenza di volontà di mettersi nei panni degli altri se non addirittura di impazienza,
insofferenza, insensibilità, indifferenza, fino al limite della soddisfazione, della
sopraffazione e della prepotenza...
Il corpo parla con la piega del sorriso, il tono della voce, la curva delle spalle...ma in ogni
caso, dentro un corpo che agisce nella forma e nel suono, c’è sempre un cuore, a volte
aperto al mondo a volte sordo.
Una delle manifestazioni di non vicinanza del cuore che leggo più spesso osservando le
persone, è l’assenza di volontà di considerare le cose da una prospettiva diversa dalla
propria: eppure sappiamo tutti, per esperienza diretta o per logica, che chi abita al piano
terra di un grattacielo non avrà la stessa visuale di chi abita a metà con la finestra sul lato
opposto, e tanto meno di chi invece vive all’ultimo piano dello stesso palazzo!
Ma quando si parla con un’altra Persona...si tende quasi sempre a dare per scontato
dover avere una prospettiva di visione univoca: tutti dalla stessa altezza, tutti dallo stesso
lato del palazzo e tutti con la stessa esperienza acquisita e consolidata.
Facciamo un esempio banale e un po’ ironico: pronuncio la parola “telefono”.
Se fosse ancora viva la mia bisnonna, penserebbe a quello a disco, da appoggio con
cornetta e microfono divisi, sapete quella cornetta che si appoggiava all’orecchio e poi a
penzoloni sul gancio?, la mia nonna (ma nostalgicamente anch’io) a quello da muro, nero,
bello, sempre a disco; io ai grigioni della Sip con tanto di lucchetto al disco numerico
messo inutilmente dalla mamma ma anche a quelli di design degli anni ’70, mia figlia forse
ai cordless prima dei cellulari, le mie nipotine direttamente allo smartphone...
Ora provate solo ad immaginare se ciascuna di noi iniziasse a decantarne o biasimarne le
caratteristiche secondo la propria personale visione ed esperienza di telefono ma,
attenzione, senza assolutamente mettere in chiaro a priori quale essa sia.